In data 24/11/2021 l’Agenzia delle Entrate  è intervenuta (dopo anni) sulla tematica delle cripto valute, della loro relativa tassazione, oltreché definizione, con una risposta (788/2021) ad un interpello di un contribuente.

L’importante parere dell’Agenzia delle Entrate considera e valuta diverse problematiche di questo settore e sinteticamente ripercorre ogni loro aspetto essenziale alla valutazione fiscale. Innanzitutto specifica che le valute virtuali hanno natura esclusivamente digitale ed in quanto tali le definisce come “stringhe di codici digitali opportunamente criptati, generati in via informatica mediante complessi algoritmi matematici”.

Storicamente si era più volte discusso se le cripto valute fossero da considerarsi quale mezzo di pagamento, piuttosto che strumento speculativo e quindi finanziario. Per risolvere questo dubbio in virtù delle mancanze normative, il  riferimento principale era ed è stata confermata la sentenza di Corte di giustizia 22/10/2015 C-264/14 e la risoluzione n. 72/E Agenzia delle Entrate 02/09/2016. La risposta 788/2021 dell’ AE ribadisce quindi come tali operazioni siano “relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio” ( art. 135 par.1 lett. e) direttiva 2006/112/CE ed in quanto tali assimilabili a operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali.

Sempre l’ultima risposta dell’Agenzia delle Entrate specifica come sia necessario distinguere tra cessioni a termine e cessioni a pronti: le prime (termini di scambio definiti oggi per il futuro) è SEMPRE rilevabile fiscalmente, mentre le seconde (scambio contestuale di una valuta contro una valuta differente)  rilevabili SOLO se si supera la soglia di giacenza media pari a 51.645,69 euro per 7 giorni lavorativi (art. 67,c.1, lett. c-ter) e c.1-ter.

A riguardo l’Agenzia delle Entrate indica anche un riferimento normativo, ovvero l’art. 67 TUIR:

«le plusvalenze, diverse da quelle di cui alle lettere c) e c-bis), realizzate mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti, di metalli preziosi, sempreché siano allo stato grezzo o monetato, e di quote di partecipazione ad organismi d’investimento collettivo. Agli effetti dell’applicazione della presente lettera si considera cessione a titolo oneroso anche il prelievo delle valute estere dal deposito o conto corrente».

L’ Agenzia Entrate specifica anche che il prelievo dai wallet è equiparato ad una cessione a titolo oneroso, facendo così esplicitamente ricadere tale operazione nell’articolo in questione e quindi conseguentemente nella normativa a seguire:

«Le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti concorrono a formare il reddito a condizione che nel periodo d’imposta la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento sia superiore a cento milioni di lire (Ndr 51.645,69 euro) per almeno sette giorni lavorativi continui».

Quindi il valore di cambio di riferimento, per la verifica sulla giacenza media, è quello all’inizio del periodo di imposta (generalmente il 1° Gennaio) al valore rilevato sul sito di acquisto o dove si effettuano il maggior numero di operazioni.

Un altro aspetto a cui far attenzione è la verifica sulla tipologia di operazione, ovvero se la conversione avviene per mezzo di cessione a termine o a pronti. Nella prima situazione si applicherebbe sempre la tassazione, nella seconda sarebbe necessario rispettare i limiti sopra indicati.

Il quesito posto in tale risposta (788/2021), differenziava poi i wallet, chiedendo delucidazioni fiscalli sulle diverse tipologie esistenti, tuttavia  l’Agenzia delle Entrate ha fornito una risposta omnicomprensiva, eliminando problematiche legate a tali fattispecie (“indipendentemente dalla tipologia di wallet”).

In merito alla determinazione della plusvalenza,  anch’essa poco chiara, si usa il costo di acquisto con metodo “LIFO”, ovvero si considerano cedute le prime acquisite in data più  recente.

Altro aspetto interessante su tale interpello è il “monitoraggio fiscale”, ovvero a prescindere dall’applicazione di imposte, lo stato italiano richiede di avere conoscenza di patrimonio/investimenti all’estero suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia. A tal fine in dichiarazione dei redditi è predisposto il quadro RW. Nella sua compilazione, il controvalore in euro detenuto è da considerarsi al 31/12 del periodo di riferimento sul sito dov’è avvenuto l’acquisto.

In ultimo l’Agenzia delle Entrate specifica che non si paga l’IVAFE, in quanto le cripto valute non hanno natura bancaria requisito essenziale della stessa imposta), ma si applica un’imposta sostitutiva pari al 26%.

Riepilogando, sintetizzando e cercando di far ancor maggior chiarezza:

  1. L’Agenzia delle Entrate esplicitamente riconduce all’art. 67 del TUIR;
  2. È importante distinguere tra cessione a termine o cessione a pronti;
  3. Il prelievo dai wallet è una cessione a titolo oneroso;
  4. Fare attenzione alle tempistiche di calcolo del valore a secondo dell’operazione:
      1. la plusvalenza si calcola con riferimento al costo di acquisto e quindi alla data di acquisto, MA considerando cedute le ultime quantità acquistate;
      2. il valore del wallet è determinato al 31/12 del periodo di imposta;
      3. il valore di giacenza media è determinato con riferimento al valore della valuta al 01/01 del periodo di imposta per 7 giorni continuativi e con riferimento il limite di 51.645,69 Euro.
  5. La giacenza media si calcola sui diversi wallet, a prescindere dalla tipologia del wallet;
  6. L’imposta applicata è sostitutiva e pari al 26%;
  7. È importante verificare l’eventuale compilazione del quadro RW;
  8. È importante verificare l’eventuale compilazione del quadro RT;
  9. Non si applica l’IVAFE in quanto non è da considerarsi la natura bancaria;

Aggiungo infine alcune considerazioni personali e perplessità riguardo tale argomento:

Per quanto tale risposta abbia chiarito alcuni dubbi, ne restano altrettanti da ben delineare: innanzitutto credo sia determinante comprendere l’essenza delle singole operazioni, in quanto le cripto valute sono utilizzate sia come mezzo di pagamento, che come strumento di guadagno finanziario che come riserva di patrimonio. In secondo luogo non tutte le cripto valute hanno un cambio esatto e ben determinato, ed in tal caso diventa complicato definirne il valore, come comportarsi in queste casistiche? Come determinare la giacenza media o l’eventuale plusvalenza in un cambio cripto to cripto non ben definito? Oltreché le sanzioni per eventuali mancanze come saranno regolamentate? Lo statuto del contribuente fornisce alcune tutele, ma spesso lo stesso è stato strattonato.

I molti vuoti normativi sia fiscali, che civili o addirittura penali, sono necessariamente da colmare, le incertezze iniziano ad essere molte e giustificate. Per quanto gli indirizzi giuridici e istituzionali, possano essere utili, non hanno valore di norma. Se infatti oggi ci sono pochi riferimenti e quindi poche informazioni, perseguendo la stessa via, col tempo saranno molti e le informazioni saranno troppe, creando confusione. Il mercato delle cripto valute non ha regolamentazione, con tutti i rischi del caso e fino a quando era un mero mezzo di pagamento usato da una nicchia di utenti non ha creato grandi problematiche, ma oramai ha assunto dimensioni esagerate, che richiedono una disciplina sotto diversi profili, tra cui anche quella del controllo.

Come spesso accade la dinamicità economica, non è seguita da una stessa dinamicità istituzionale, con le conseguenze del caso.

Proprio in virtù di una normativa difficile ed a oggi poco definita, resto sempre aperto a confronti e perplessità sulla materia che potete inviarmi ai miei contatti.